Territorio

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Nuove idee con vecchie abitudini

Torre Canne è la marina di Fasano, logiche del passato e del presente si confondono, si fondono e si accavallano, facendo convivere nuove idee con vecchie abitudini. Un piccolo villaggio di pescatori, a metà strada tra Bari e Brindisi, a pochi km dall’antica Egnazia, affacciata sull’Adriatico baciato dal sole d’Oriente e sferzato dal vento di Tramontana. Lì sorgevano le prime casupole di lavoratori del mare, le barche tirate a secco su spiagge di sabbia accecante, e loro seduti a terra, a ridosso di muri bianchi di calce, a riparare reti e a scrutare, attraverso ragnatele di rughe su volti di pietra e di sale, il blu del mare che stemperava nell’azzurro del cielo, con i soli gabbiani a frapporsi tra i loro pensieri e le loro immutabili fatiche.

Refrigerio dall’afa estiva

E poi, quando il tempo volgeva finalmente al bello, sulle stesse spiagge convergevano le famiglie dall’entroterra punteggiato di trulli e di ulivi contorti dai secoli, alla ricerca di refrigerio dall’afa estiva portata da venti di scirocco che rotolavano giù dalle tonde colline e dalle selve ombrose. E così, alle umili rimesse dei pescatori, pian piano si affiancarono abitazione ai piedi dell’imponente faro, o contigue alle pozze di acqua salsa in cui si allevavano anguille e cefali, o accarezzate dal fruscio dei canneti che svettavano su alte dune sabbiose, popolando e trasformando il piccolo borgo.

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Piccolo Eden

Da allora, Torre Canne ed i suoi abitanti hanno vissuto in questa sorta di piccolo Eden e, a partire da Maggio, si ritrovavano, puntuali, a scaldarsi ai raggi del sole dell’estate ormai prossima, a passeggiare nella piazzetta del paese o sulla sabbia tiepida, con i bambini che tornavano ad essere tribù festose in attesa di un’adolescenza che avrebbe fatto loro abbandonare i giochi di strada per dedicarsi ad infinite passeggiate sul lungomare, per innamorarsi di sconosciuti coetanei o per costruire amicizie destinate a durare una vita intera.

Mondo nascosto e incantato

Volgendo i passi verso Sud, a pochi metri da “A un Passo dal Mare” il mistero di un cancello in ferro, che pare sorretto dal solo vento che agita i canneti, e che dà su un nulla di un mondo nascosto ed incantato di dune coperte di macchia mediterranea che si specchiano in un mare cristallino dove, passeggiando sulla battigia, ci si meraviglia di sentire sotto i piedi il freddo improvviso di una corrente di acqua sorgiva, fredda e tonificante, che sgorga da laghetti posti alle spalle della spiaggia, circondati da canneti e ginepri. Piccole e graziose spiagge isolate, chiuse dalla vegetazione e dalle dune, dove ci si arriva con discrezione, camminando lentamente per scoprire paesaggi, conoscere, pensare e riflettere senza disturbare la natura. Siamo arrivati all’interno del “Parco della Dune Costiere”, lungo la “riviera dei trulli” che offre tanti angoli singolari e tanti scorci di un paesaggio da scoprire e da godere, per incuriosire e stuzzicare.

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Esperienza quasi metafisica

“A un Passo dal Mare” è la porta per i Borghi della Valle d’Itria, Visitarli ed aggirarsi tra i loro vicoli è un’esperienza quasi metafisica con la sensazione di visioni oniriche che si conferma nell’intrico di vicoli ombrosi che inaspettatamente si aprono ad assolate e solitarie piazzette. Nel primo pomeriggio, quando l’implacabile calura estiva pare sciogliere persino le ombre di solitari passanti e gli stessi borghi sembrano trattenere il respiro per poi liberarlo al primo calar del sole. Il mutamento arriva all’imbrunire, quando i muri ancora rimandano il calore degli ultimi raggi di un sole che tramonta pigramente.

Ostuni, in un cielo di latte

Ecco Ostuni, che sembra galleggiare in un cielo di latte, e poi Cisternino con i suoi “fornelli” odorosi di prelibatezze tra i suoi vicoli, le sue piazzette e gnostre ombrose; e Locorotondo, dal cui “lungomare” nome ingannevole perché si tratta di una balconata che si affaccia sul verde infinito e conciliante gli ulivi del territorio sottostante; e poi Martina Franca, capitale indiscussa del barocco di Valle d’Itria, inaspettata e “anticonformista”, dove ai pinnacoli dei trulli si sostituisce la bizzarria di antichi scalpellini che ricamarono la pietra in forme stupefacenti. Martina Franca esuberante e golosa, patria del “panino con chépecùedde (capocollo)” ma anche di uno dei Festival di Musica Classica e Operistica tra i più apprezzati e seguiti al mondo; e che dire di Alberobello (patrimonio UNESCO), dove pietrificate capanne coniche evocano un luogo più da fiaba che reale, pietra e calce unite in concrezioni rocciose, misteriose nei loro arcani simboli dipinti di cui si ha mirabile visione dalla Balconata di Santa Lucia, dove la fusione tra il grigio delle chiancarelle dei tetti ed il bianco abbagliante dei muri raggiunge il massimo della bellezza.

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Anima di pietra e di calce

È a quell’ora che i borghi si rimpossessano della loro anima di pietra e di calce, di sussurri e chiacchiericci sugli usci di nobili dimore o di semplici case con volte a stella, che si affacciano su stradine e piazzette dove balconi in ferro battuto fanno da guardia agli avventori di bar e “fornelli”, dove il profumo di “gnommerieddi” e “bombette” diviene irresistibile richiamo per i sensi di un turista alla ricerca di ristoro.

Un acquerello incantato

E, Monopoli, sulla costa verso Nord, che stupisce con l’eleganza delle sue casette “veneziane” affacciate sul porticciolo, quasi un acquerello di un incantato pittore. Polignano a Mare, la città di Domenico Modugno e Pino Pascali, che con la loro arte hanno meravigliato il mondo intero, la città dei tuffi e delle grotte a strapiombo sul mare, dove non si arriva mai a comprendere dove finisca la roccia e comincino le case e viceversa, entrambe sospese su un mare cristallino; e più in là Egnazia, risorta dall’oblio e testimone, con il suo impianto maestoso, di un passato di gloria proteso verso un Oriente amico, a due passi dal mare e da Costa Merlata dove si possono gustare i ricci di mare appena pescati o profumatissime cozze condite appena con un goccio di limone.
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